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giovedì 8 dicembre 2011

A MIO PADRE ( di Camillo Sbarbaro)

Padre, se anche tu non fossi il mio padre, se anche fossi a me un estraneo, per te stesso egualmente t’amerei. Ché mi ricordo d’un mattin d’inverno che la prima viola sull’opposto muro scopristi dalla tua finestra e ce ne desti la novella allegro. Poi la scala di legno tolta in spalla di casa uscisti e l’appoggiasti al muro. Noi piccoli stavamo alla finestra. E di quell’altra volta mi ricordo che la sorella mia piccola ancora per la casa inseguivi minacciando (la caparbia avea fatto non so che). Ma raggiuntala che strillava forte dalla paura ti mancava il cuore: ché avevi visto te inseguir la tua piccola figlia, e tutta spaventata tu vacillante l’attiravi al petto, e con carezze dentro le tue braccia l’avviluppavi come per difenderla da quel cattivo ch’era il tu di prima. Padre, se anche tu non fossi il mio padre, se anche fossi a me un estraneo, fra tutti quanti gli uomini già tanto pel tuo cuore fanciullo t’amerei.
9 novembre 2008
     Camillo Sbarbaro

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